Gli scavi documentano la permanente presenza ebraica nella Terra d’Israele. Emozione a Masada. Le prime scoperte di Robinson. L’importanza della sinagoga di Bet Alfa. Il rapporto fra attività archeologiche e sionismo. Il negazionismo antisraeliano.
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di Dan BAHAT - Tratto da Limes (ottobre 2015)
1. Area nord degli scavi di Masada. Una stanza che fungeva da passaggio fra i depositi e la reggia di Erode. Siamo nel 1965. Nella stanza, insieme ai due volontari con cui lavoravo, trovo quelle che sembravano tessere per il razionamento del cibo. Capisco che poteva essere una stanza importante. Lavo immediatamente ogni più piccolo oggetto estratto dalla terra per vedere se vi sia scritto qualcosa. Alla fine della giornata, insieme a diversi altri reperti, avevo accumulato undici bossoli con undici nomi che tutti tranne uno – ben Yair – sembravano nomignoli. Yigael Yadin, che era a capo della campagna di scavi, non ebbe il minimo dubbio: avevamo riportato alla luce la testimonianza di uno dei momenti più drammatici della storia d’Israele: l’estrazione a sorte dei dieci uomini i quali, unitamente al capo della rivolta Eleazar ben Yair, avrebbero dovuto portare a termine il suicidio di massa, per non far cadere vivo nelle mani della X Legione romana nessuno degli assediati. Esattamente come descritto da Giuseppe Flavio nella sua Guerra giudaica. Una scoperta che non cambiava forse il quadro sostanziale dei risultati della ricerca archeologica a Masada, ma che provocò fortissime emozioni in me e in tutto il mondo ebraico: un altro evento considerato da molti un mito assumeva definiti contorni storici.