I fantasmi della linea blu

L'ANALISI

I fantasmi della linea blu

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di SANDRO VIOLA

È probabile che la violenta sparatoria scatenatasi ieri tra le truppe libanesi e quelle israeliane sul confine tra i due paesi, con un bilancio di quattro morti (tre di nazionalità libanese e un ufficiale israeliano) non porti in tempi brevi ad una terza guerra del Libano. Il governo di Beirut non ha alcun interesse ad un conflitto con Israele.

E a Gerusalemme il governo Netanyahu si trova al momento con altre e più intricate matasse da sbrogliare che non l'eventualità d'una guerra in Libano. Dove, tra l'altro, incontrerebbe sulla strada tra la frontiera e il fiume Litani 10.000 uomini della forza internazionale Unifil inviata nella zona, quattro anni fa, dalle Nazioni Unite. E infatti, la maggior parte dei primi commenti a caldo dopo gli scontri di ieri, sembrano orientati a definirli un incidente per ora isolato.

Ma gli scambi d'artiglieria sulla "Linea Blu" (come si chiama la frontiera fissata dall'Onu tra Israele e il Libano), appaiono tuttavia preoccupanti. Essi sono giunti infatti dopo quattro giorni di eventi inattesi e sinora inspiegabili. I razzi Katyusha caduti sabato scorso su Ashkelon e Sderot nel Sinai israeliano, e i missili che domenica hanno colpito Eilat in Israele e Akaba in Giordania. Da dove siano partite quelle bordate, è ancora da stabilire. Hamas, che sulle prime era parsa responsabile di quel fuoco d'artiglieria a distanza, ha negato qualsiasi suo coinvolgimento: e la smentita è stata ritenuta, anche in Israele, credibile. Chi altro, dunque, può aver sparato nello scorso week end sul sud del Sinai e sui due porti del Mar Rosso affollati di turisti?

Nella giornata di ieri s'è fatta strada l'ipotesi Hezbollah. Tra non molto dovrebbe infatti concludersi l'istruttoria del Tribunale internazionale sull'attentato che nel febbraio 2005 costò la vita al primo ministro libanese Rafik Hariri, e a quanto pare il Tribunale avrebbe pronti quattro mandati di cattura per altrettanti capi di Hezbollah. Il partito, cioè, che rappresenta nel Parlamento e nel governo di Beirut gli integralisti islamici. Il fatto è che Hezbollah non è solo un partito politico. Esso è soprattutto la centrale d'una d'una vasta milizia sparsa nel sud del Libano, e dotata del più forte e moderno armamento tra i gruppi integralisti e fondamentalisti che progettano l'eliminazione d'Israele. Com'è facile intuire, le armi e i finanziamenti agli Hezbollah (che sono mussulmani sciiti) provengono dall'Iran.

Sarebbe stata quindi la minaccia d'un arresto di quattro dei suoi capi, ad aver spinto il vertice degli integralisti libanesi a provocare uno scontro di frontiera con le truppe israeliane, e magari un prolungamento dei combattimenti, così da frustrare almeno per ora i tentativi del Tribunale internazionale di mettere le manette ai suoi uomini. Si tratta, come s'è detto, d'una ipotesi. Che non è però campata in aria. Hezbollah ha molti suoi fedeli tra gli ufficiali dell'esercito libanese, ed è stato l'esercito libanese a sparare per primo nel pomeriggio di ieri. Mentre per quel che riguarda Hamas e le sue folli appendici, quale potrebbe essere stata la ragione per riprendere i lanci di razzi su Israele dopo mesi e mesi di buona condotta?

In ogni caso, il quadro creatosi in pochi giorni è questo: ripresa della caduta di Katyusha e altri razzi sul territorio israeliano, ripresa - dopo quattro anni - degli scontri a fuoco sulla frontiera tra Israele e Libano. E tutto questo proprio in prossimità, o addirittura alla vigilia, d'un nuovo avvio dei negoziati diretti tra israeliani e palestinesi, che l'amministrazione Obama è riuscita dopo enormi sforzi e qualche brutta figura, a rilanciare. Siamo dunque ancora di fronte a quel che è successo tante volte negli ultimi tre decenni, vale a dire un'operazione di sabotaggio - operata a volte dall'interno d'Israele, e a volte dalla galassia dell'estremismo arabo - per bloccare il negoziato di pace?

Chi ha più esperienza del conflitto israelo-palestinese, chi ha assistito in tante occasioni ad una brusca, traumatica interruzione del cosiddetto processo di pace a causa d'un attacco improvviso dei terroristi, o d'una rappresaglia eccessiva, assurdamente sanguinosa, da parte dell'aviazione israeliana su inermi villaggi palestinesi, è portato a pensare che di questo si tratti. La coincidenza, nonostante che le fonti israeliane sembrino escludere che vi sia un qualche rapporto tra i missili caduti su Israele nei giorni scorsi e gli scambi d'artiglieria di ieri sulla frontiera libanese, è troppo nitida per essere trascurata. La regola è infatti questa: all'approssimarsi di nuovi negoziati israelo-palestinesi, gli oltranzisti sparano.

La situazione in Medio Oriente sta quindi, ancora una volta, precipitando? Aveva ragione Vladimir Putin quando in maggio, a Damasco, disse di temere l'avvicinarsi d'una catastrofe nella regione? Come il lettore avrà già colto, sinora sono state elencate in questo articolo soltanto delle ipotesi. Per capire quali potranno essere i seguiti, le conseguenze di questo riaccendersi della tensione sui versanti sud e nord d'Israele, bisognerà infatti attendere ancora qualche giorno. Le eventuali rappresaglie israeliane, un eventuale scesa in campo, con il suo temibile arsenale, di Hezbollah. Ma può essere utile citare un saggio uscito a giugno dall'autorevole Council of foreign relations americano, scritto da Daniel Kurtzer, ex ambasciatore in Egitto e in Israele. Il saggio è intitolato "Una terza guerra libanese", e delinea i rischi d'un conflitto sulla frontiera tra Israele e Libano, iniziato non importa se da Hezbollah o da Israele. Un faccia a faccia, per interposte persone, tra il governo Netanyahu e l'Iran di Ahmadinejad. Bombardamenti israeliani sui campi d'addestramento e i silos dei missili che Hezbollah ha in Siria, le risposte degli integralisti sulla Galilea, forse su Haifa e forse ancora più in profondità sul territorio dello Stato ebraico, insomma la messa in moto d'un ingranaggio inarrestabile se non con una vera guerra. Un'altra ipotesi? Certo: ma converrà notare che di tutte le ipotesi avanzate, non ce n'è una che suoni rassicurante.

(04 agosto 2010)
Fonte: La Repubblica