Benché molti dicano il contrario, gli ebrei non furono perseguitati solo in Europa ma anche in moltissimi paesi arabi. Di seguito la cronologia delle principali persecuzioni.
624 d.C. - tribù ebraiche vengono sterminate da Maometto
628 - gli ebrei di Khaibar (Arabia, oggi A. Saudita) devono versare tributi altissimi e ogni ebreo che compie 15 anni deve pagarlo.
700 - intere comunità ebraiche vengono massacrate dal re Idris I del Marocco.
845 - vengono promulgati in Iraq decreti per la distruzione delle sinagoghe.
845-861 - El Mutawakil ordina che gli ebrei portino un abito giallo, una corda al posto della cintura e delle pezze colorate sul petto e sulla schiena.
900 - col Patto di Omar gli ebrei vengono spregiativamente chiamati dhimmi. In base a tale Patto era proibito agli ebrei di costruire case più alte di quelle dei musulmani, salire a cavallo o su un mulo, bere vino, pregare a voce alta, pregare per i propri morti o seppellirli in modo da offendere i sentimenti dei musulmani. Dovevano portare abiti atti a distinguerli dai musulmani. Nasce qui e non in Europa il segno distintivo degli ebrei, e l'obbligo di portare pezze sugli abiti si diffonderà in tutti i paesi arabi
1004 - Il Cairo: gli ebrei sono costretti a portare legato al collo un piccolo vitello di legno e in seguito palle di legno del peso di tre chili.
1006 - Granada: massacro di ebrei.
1033 - Fez, Marocco: proclamata la caccia all'ebreo. 6000 ebrei massacrati.
1147-1212 - persecuzioni e massacri in tutto il nord Africa.
1293 - Egitto e Siria: distruzione delle sinagoghe.
1301 - i Mammelucchi costringono gli ebrei a portare un turbante giallo.
1344 - Distruzione delle sinagoghe in Iraq.
1400 - Pogrom in Marocco in seguito al quale si contano a Fez solo undici ebrei sopravvissuti.
1428 - vengono creati i ghetti (mellaha) in Marocco.
1535 - Gli ebrei della Tunisia vengono espulsi o massacrati.
1650 - Anche in Tunisia vengono creati i ghetti, qui si chiamano hara (in arabo significa “merda”)
1676 - distruzione delle sinagoghe nello Yemen.
1776 - vengono sterminati gli ebrei di Basra, Iraq.
1785 - massacri di ebrei in Libia.
1790-92 - distruzione delle comunità ebraiche in Marocco.
1805-15-30 - Sterminio degli ebrei di Algeri.
1840 - persecuzioni e massacri a Damasco.
1864-1880 - continui pogrom a Marrakesh
1869 - massacri di ebrei a Tunisi.
1897 - massacri di ebrei a Mostganem, Algeria.
1912 - pogrom a Fez.
1929 - massacro della comunità ebraica a Hebron e distrutta la sinagoga.
1934 - il governo iracheno vieta agli ebrei lo studio dell'ebraico.
1936 - In Iraq gli ebrei vengono esclusi dagli uffici pubblici e pogrom a Bagdad.
1938-44 - Persecuzioni a Damasco; gli assassini diventano cronici.
1941 - in concomitanza con la festa di Shavuot pogrom a Bagdad. E poi pogrom a Tripoli, ad Aleppo, ad Aden, al Cairo, ad Alessandria, a Damasco ecc. ecc.
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Tutto questo prima della fondazione dello Stato di Israele. In seguito alla nascita dello Stato ebraico le persecuzioni e le discriminazioni aumentarono e vi fu un massiccio esodo dai paesi arabi, che continuò negli anni successivi.
Anche in seguito alla guerra dei Sei Giorni si verificarono numerosi pogrom, tra cui quello in Libia provocò l’esodo di decine di migliaia di ebrei, molti dei quali si rifugiarono anche in Italia.
Ancora oggi non si può certo dire che le loro condizioni, nei paesi in cui ancora vi sono comunità, siano rosee.
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Storia dolorosa e sottaciuta degli
"ebrei arabi" e della loro cacciata
Di Victor Magiar
Quasi un milione, fuggiti, espulsi, cacciati. Questo è il numero incerto degli ebrei che hanno dovuto lasciare i paesi arabi in un esodo silenzioso che la falsa storiografia del Medio Oriente non ha voluto vedere. Saggi, romanzi e film stanno ora per rompere un silenzio durato quasi un secolo, smontando menzogne e luoghi comuni, rompendo anche la dolorosa reticenza delle vittime: perché è una storia che noi, ebrei dei paesi arabi, abbiamo raccontato sottovoce.
Se ne è discusso ieri sera a Milano: Fiona Diwan e Luisa Grego, nate in terre arabe, hanno presentato il film documentario "L'esodo silenzioso" di Pierre Rehov, regista francese nato in Algeria, e hanno poi invitato ad una "riflessione" altri tre figli del Medio Oriente, Magdi Allam, Gad Lerner e il sottoscritto, nella scomoda veste di testimone e di autore di un romanzo che racconta la stagione dei pogrom antiebraici e dell'intolleranza arabo-islamica. Unico europeo "doc" Carlo Panella. Più di mille persone hanno assistito una discussione non banale, anticipata dalla visione di un film crudo, dalle tinte forti, pregio e difetto di un documentario di denuncia.
Ma la Storia è più complessa: difficile semplificare o raccogliere in un concetto le vicende che per 1400 anni si sono dipanate su un territorio esteso due volte e mezzo la superficie dell'Europa geografica (quella dagli Urali all'Atlantico!). Due millenni. Ancora più difficile, e sbagliato, considerare gli arabi un unicum, come vorrebbero i pan-arabisti. La necessità storica di ebrei e arabi, degli israeliani e dei palestinesi, di avere una storiografia redentrice ha generato e moltiplicato stereotipi e luoghi comuni: "arabi ebrei hanno sempre vissuto insieme in pace", "gli ebrei nei paesi arabi sono sempre stati perseguitati e sottoposti alla sharìa e alla condizione di dhimmi.
Il mito arabo vuole che l'esodo degli ebrei sia una conseguenza della nascita dello Stato d'Israele; o che i pogrom antiebraici siano stati episodici e innocui, in alcuni casi addirittura organizzati dai "sionisti". Invece la storia è ben altra. Per 2000-2400 anni, gli ebrei hanno vissuto nelle terre che oggi consideriamo arabe. L'arrivo degli arabi-islamici 1300 anni fa nelle terre che vanno dall'Eufrate all'Atlantico ha comportato lo scontro degli arabi con le popolazioni residenti, ebrei inclusi: Caima, l'ultima regina marocchina a resistere all'invasione araba, era per l'appunto berbera ed ebrea.
Il Patto di Omàr stabilì 1100 anni fa la possibilità per il residente di fede ebraica o cristiana di vivere in condizione di dhimmi, di protetto: pagando una tassa si poteva avere qualche diritto e salva la vita. Una condizione invidiata dagli ebrei europei che per mille anni sono fuggiti dalle terre cristiane verso quelle islamiche. Grandi pensatori, matematici e medici divennero presto, e per secoli, consiglieri di sultani e monarchi. Epoche di splendore si sono però alternate con il buio più cupo: non sono mancati pogrom e sterminio.
Alcune date: anno 700, intere comunità massacrate dal re Idris I del Marocco; 845, promulgati in Iraq decreti per la distruzione delle sinagoghe; 861, nascita dell'obbligo per gli ebrei di portare un abito giallo, una corda al posto della cintura; 1006, massacro degli ebrei di Granata; 1033, proclamata la caccia all'ebreo; Fez, 6000 morti; 1147-1212, ondata di persecuzioni e massacri nel Nord Africa; 1293, distruzione delle sinagoghe in Egitto e Siria; 1301, i Mammelucchi costringono gli ebrei a portare un turbante giallo; 1344, distruzione delle sinagoghe in Iraq; 1400, Pogrom in Marocco in seguito al quale si contano a Fez solo undici ebrei sopravvissuti; 1535, gli ebrei della Tunisia vengono espulsi (o massacrati); 1676, distruzione delle sinagoghe nello Yemen; 1776, sterminio degli ebrei di Basra, Iraq; 1785, massacri di ebrei in Libia; 1790-92, distruzione delle comunità ebraiche in Marocco; 1805-15-30, pogrom di Algeri; 1840, persecuzioni e massacri a Damasco; 1864-1880, pogrom a Marrakesh; 1869 eccidi a Tunisi; 1897, massacro di Mostganem in Algeria; 1912, pogrom a Fez.
Del resto a iniziare fu lo stesso Maometto, nel 624, sterminando le tribù ebraiche della penisola arabica. Ma la tragedia su grande scala per gli ebrei è arrivata, anche in Medio Oriente, all'inizio del Novecento, con il crollo dell'Impero Ottomano e l'approdo del teorie nazionaliste fra i popoli arabi privi di identità e di leadership. Annichilito da cinque secoli di opprimente dominazione ottomana, il mondo arabo si è risvegliato cento anni fa diviso per criteri etnici e in strutture tribali. I movimenti politici di quel mondo, piuttosto che esprimere un'opzione di carattere propriamente politico, cioè di governo della realtà, hanno risolto in primis l'esigenza di rappresentare il movente identitario, spesso puramente etnico o religioso; un deficit di cultura politica ha surrogato ricorrendo a un codice fondativo tipico delle politiche identitarie di gruppo: il "riscatto della propria nazione".
Se la dinastia hashemita di Hussein, sceicco di Mecca e Medina, firma tre accordi con il movimento sionista per accogliere i fratelli ebrei nella loro patria natia, in Egitto la teoria pan-islamica (e dopo quella pan-araba) con la costituzione del partito dei "Fratelli Musulmani" nel 1929 definisce gli ebrei "elemento estraneo alle terre islamiche": la dhimma non basta più, gli ebrei diventano nemici. È per "restaurare la purezza dell'Islàm" che l'emiro di Riyadh, il wahhabita Ibn Saud, rovescia nel 1925 il Re hashemita Hussein, impossessandosi dell'Arabia da allora definita, appunto, Saudita; è perché considerato traditore che Abdallàh, figlio di Hussein, viene assassinato da estremisti nazionalisti a Gerusalemme, dentro alla Moschea di Omàr. (perché voleva arrivare ad un accordo con gli Ebrei. Ndr)
Nel 1945 gli ebrei di Aden, Algeria, Bahrein, Egitto, Libano, Libia, Marocco, Siria, Tunisia e Yemen erano 862.050: oggi sono 7.500. Imprecisi i dati per altri paesi arabi e islamici. Ma il silenzio è stato anche nostro, delle vittime e di Israele. La mitologia israeliana, definita da una capace leadership ashkenazita, ha sempre sottovalutato la vicenda degli "ebrei arabi" (come ci chiamava Golda Meir), privilegiando raccontare il riscatto degli ebrei europei, raffinati intellettuali tornati al lavoro della terra e scampati al più grande pericolo del mondo, il nazismo. Destino sefardita. Noi, che da secoli ci siamo confrontati, nel bene e nel male, con gli arabi, abbiamo considerato la nostra vicenda come una tappa, quasi banale, nello scontro arabo-ebraico. Il nostro esodo non ci ha meravigliato perché, così come per italiani ed austriaci, il nostro è stato uno scontro tra nazioni: "loro" gli arabi , "noi" Israele.
Siamo usciti, quasi per miracolo, derubati di tutto e con una lunga scia di sangue, ma a testa alta, da vincitori: riscattati "noi" dalle vittorie di Israele, infuriati e umiliati "loro" dalle cocenti sconfitte. Le nostre ferite erano, e rimangono, poca cosa rispetto all'enormità della Shoah; le nostre ferite molto ricompensate dalle nuove libertà recuperate in Occidente o in Israele: unico punto in comune con la Shoah la scomparsa di un mondo: la civiltà araba-ebraica, fatta di conflitto e coesistenza, è stata una generosa mistura di cultura e arte, di lingue e cibi, di proverbi, odi, timori e benedizioni. La rivisitazione di quell'epoca e di quell'esperienza è per noi, nati sotto le palme del Mediterraneo, è un'occasione importante: per guarire una ferita noi ebrei, per guardarsi allo specchio e ricostruire la propria memoria gli arabi. La pace non nasce dall'oblio. (ma chi degli arabi vuole la pace oltre quella del cimitero, Ebraico? Ndr.)
Il Foglio del 17 novembre 2004
Fonte