Il Talmud vive nonostante tutti i roghi

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Fa paura la sua democraticità di opinioni in aperta dissonanza con l’interpretazione univoca e dogmatica dei testi biblici di altre religioni.

di SCIALOM BAHBOUT

Tutta colpa di Gutenberg! Se non avesse inventato la stampa, forse, la chiesa non avrebbe trovato l'occasione buona per mandare al rogo centinaia di copie del Talmud e di altri libri ebraici. Le due più importanti case editrici veneziane di libri ebraici del XVI secolo, Marcantonio Giustiniani e Aloise Bragadin, avevano stampato contemporaneamente nel 1550 il Mishnè Torà di Maimonide: i due tipografi si accusavano a vicenda, sostenendo che la parte avversa aveva usurpato il proprio diritto in merito alla stampa dell’opera. Con la complicità di alcuni ebrei apostati, la disputa fu portata davanti alla corte papale, ma con l’accusa che i libri ebraici, stampati in quelle tipografie, contenevano offese e attacchi contro il cristianesimo.

Il riferimento era in particolare rivolto al Talmud che era stato stampato tra il 1546 e il 1551 nella tipografia del Giustiniani. Il Pontefice Giulio III emanò il 12 agosto 1553 (corrispondente al 2 di elul 5313) una bolla che dava l’ordine di mandare al rogo sia il Talmud babilonese che quello di Gerusalemme. Egli proibiva, inoltre, ai non-ebrei di leggere il Talmud, di possederlo, averlo nelle proprie biblioteche e di aiutare gli ebrei alla ristampa o alla sua trascrizione. Emanata la bolla, tutte le case ebraiche furono perquisite e tutti i libri ebraici furono portati via senza alcuna distinzione: quale sbirro era in grado di distinguere un libro di preghiera o un Pentateuco da un Talmud? In effetti, per la chiesa la disputa scoppiata era un'occasione troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire, e così decise di mandare al rogo tutte le coppie del Talmud. Rosh Hashanà fu la data stabilita per il rogo, una scelta questa a cui si ispirarono anche i nazisti nel fissare la famigerata selezione proprio nei giorni di festa ebraici.

Era il 9 settembre 1553, ma la cosa non finì lì: roghi si succedettero anche negli anni successivi a Venezia, Anconta, Bologna, Ravenna, Ferrara, Mantova, Urbino, Firenze e Cremona (1559). Campo de’ Fiori aveva avuto un importante precedente, il rogo di Parigi del 1244, che viene ricordato nello Shibbolè Ha-Leket scritto dal romano rabbi Zidkijahu ben Avraham della famiglia degli Anavim. Nel capitolo che tratta delle norme sui Digiuni pubblici (263) egli scrive: “dal momento che parliamo dei digiuni, vogliamo qui ricordare un digiuno che si fa da lungo tempo nella comunità di Roma, nella settimana in cui si legge la Parashà di chukkath (Numeri 19), a ricordo dei 21 carri di libri ebraici, contenenti il Talmud e altri libri, bruciati pubblicamente in Francia nel 1244…”. Nel 1559 il Talmud fu tra i libri compresi nell’Index librorum prohibitorum, cioè l'elenco dei libri la cui lettura era condannata dalla chiesa. Il concilio di Trento – bontà sua – consentì l’uso di edizioni "purgate" del Talmud, ma ciò non impedì che il Talmud continuasse ad essere “perseguitato”. Un secondo rogo – questa volta in piazza San Pietro – fu eseguito il 14 dicembre 1601, e comprendeva tutti i libri raccolti nelle case ebraiche e che non era stato possibile “purgare” secondo i dettami della chiesa. Il paradosso era tuttavia che, purgando i libri, si riconosceva che quanto rimaneva era in qualche modo accettabile e quindi non eretico, tanto che la riforma poté farne uso contro la chiesa stessa. Dalla metà del cinquecento il Talmud non venne più stampato in Italia: le confische e i roghi continuarono fino al 1751 quando Benedetto XIV ribadì la proibizione del Talmud e in una notte dell’aprile del 1753 fece perquisire il ghetto, che fu riaperto dopo che ne uscirono 38 carri pieni di sacchi di libri. Si deve attendere il 1810 per ottenere che venisse dato a Roma l’imprimatur alla stampa del primo libro in ebraico dal 1547; ma sarà solo il Concilio Vaticano II nel 1966 (!) che abolirà l’Index e riammetterà il Talmud nel mondo cristiano. Il rogo del Talmud da parte della chiesa pone una serie di domande.

Quale ruolo ha svolto il Talmud a livello non solo culturale, ma come luogo in cui si è formata nel tempo l'identità ebraica? Una risposta, seppure parziale, ci offre il poeta e scrittore del novecento Chajim Nachman Bialik, che pur non essendo un ebreo osservante riconosce l’enorme valore che ha sempre avuto il Talmud nella vita del popolo ebraico, come luogo in cui cercare di dimenticare i propri affanni: se tu vuoi conoscere la fonte, alla quale hanno attinto i tuoi fratelli, che andavano sereni incontro alla morte, nei giorni del dolore… ed allegri incontro alla morte, da porgere il collo al coltello affilato ed alla mannaia tesa; da salire il patibolo o gettarsi sul rogo e morire da santi, spirando nel nome dell'Unico… récati presso l'antico luogo dove si studia la legge… e là vedrai ebrei curvi, dai volti solcati dalle rughe, invecchiati anzi tempo, ebrei, figli dell'esilio, di cui portano il pesante giogo e che cercano di dimenticare tutti i loro affanni nelle pagine logore di un Talmud e obliare la loro miseria….. ma perché la chiesa voleva distruggere il Talmud? Proviamo a dare qualche risposta.

Primo. Una politica conversionista che volesse aver successo, doveva cercare di sradicare gli ebrei da quello che era il loro territorio, il loro humus vitale. senza il Talmud - massimo testo di ispirazione per la tradizione ebraica rabbinica - gli ebrei avrebbero perso i propri riferimenti religiosi, e sarebbero divenuti più disponibili alla conversione. Una volta staccato dalla propria cultura, l'ebreo sarebbe stato pronto ad accettare il nuovo “patto”. Per fare questa operazione era necessario, se non bruciare, quanto meno “purgare” e passare un colpo di spugna su tutti i testi che potevano creare qualche problema alla lettura della bibbia secondo il cristianesimo. Ma la medicina ebbe risultati opposti a quelli voluti. Da una parte gli ebrei si attaccarono sempre di più alla tradizione (studiando i testi che rimanevano disponibili), dall'altra, paradossalmente, assieme al Talmud, l'Index aveva inserito nella lista anche testi che erano fondamentali per capire l'istituzione che li vietava: la lettura della bibbia (Vecchio e Nuovo testamento!) era permessa solo su licenza del Sant'Uffizio. Le conseguenze di questa politica culturale repressiva furono perniciose per lo sviluppo della chiesa stessa e probabilmente ebbero non poca influenza nella nascita e nella formazione della riforma.

Secondo. In molti punti la dottrina che si evince dal Talmud è completamente diversa da quella della chiesa: l’interpretazione dei testi profetici sul Messia, la concezione del miracolo, i limiti dell’interpretazione allegorica dei testi e dei precetti (per esempio l’eliminazione della circoncisione e sua sostituzione con quella del cuore, già prevista dai profeti ma accanto e non in sostituzione di quella fisica), gli scarni e talvolta problematici accenni alla figura stessa di Gesù, che non può essere definito nuovo Mosè ecc.

Terzo. Uno degli aspetti che caratterizza le interpretazioni rabbiniche dei testi biblici – recepite dalla chiesa come distorsioni ed eretiche - è la molteplicità delle idee, è il fatto che ogni interpretazione è legittima se è basata sulle regole ermeneutiche stabilite dalla tradizione. La “democraticità” del Talmud è in aperta dissonanza con l'interpretazione univoca dei testi biblici che la chiesa ufficiale voleva trasmettere al popolo e gioca un ruolo decisivo nell'emergere della tolleranza religiosa, un’idea di là da venire nel mondo della cristianità. E il talmud continua ad ardere. Nel cuore e nelle menti degli ebrei.

SCIALOM BAHBOUT
(Questo articolo si basa in parte sull’articolo Il rogo del Talmud di rav nello J. Pavoncello z.l. pubblicato su alef dac n. 18).

Fonte: Shalom.it