L’esodo ebraico dalla Libia: racconti, documenti, testimonianze

Il pogrom e l’esodo dei
40 mila ebrei libici

Furono 40 mila gli ebrei libici espulsi nel 1970, assieme agli italiani. Come gli ebrei di Djerba, di fronte alla città tunisina di Gabès, dove una comunità ebraica fu creata nel 586 a.C. da profughi di Gerusalemme in fuga dopo la distruzione del primo Tempio da parte del babilonese Nabucodonosor. Come gli ebrei della bellissima Casablanca, dove c’è la seconda sinagoga più grande del mondo e dove al Qaeda ha colpito tre anni fa. Come gli ebrei d’Algeria, che erano 200 mila ebrei nel 1962 e si sono ridotti a un centinaio scarso. Come gli ebrei di Siria, che dai 45 mila del 1948 sono passati ai 5.000 del 1987 e ai 63 del 2001.

Cronologia delle principali persecuzioni subite dagli ebrei nei paesi arabi

L'operazione Salomone, che condusse in Israele gli ebrei yemeniti dopo la fondazione dello Stato ebraico.

Benché molti dicano il contrario, gli ebrei non furono perseguitati solo in Europa ma anche in moltissimi paesi arabi. Di seguito la cronologia delle principali persecuzioni.

No comment

208782_10150211476335452_290463280451_8399613_2811190_n

Un conto è piangere e addolorarsi per una persona, come ho fatto anche io, un altro è martirizzarla e considerarla addirittura un eroe come stanno facendo molti in questo periodo.

I seguenti post sono tratti dalla pagina Facebook di Vittorio Arrigoni. Li riporto qui sotto, senza commentarli. Lascio ogni giudizio a voi che leggete.

Cliccando su alcune di queste immagini è possibile risalire al post originario (salvo cancellazioni o modifiche dei nuovi gestori della pagina).

Cronologia delle principali persecuzioni subite dagli Ebrei nell'Europa “cristiana”

Negozio ebreo distrutto nella "Notte dei cristalli" (1938)

Di seguito un resoconto delle principali persecuzioni subite nei secoli dagli ebrei. L’elenco comprende solo quelle avvenute in Europa, senza menzionare le varie discriminazioni avvenute in altri paesi, in particolare arabi, come ad esempio l’Iraq dove si consumò il Farhud (giusto per citare un esempio).

Un pensiero per Vittorio Arrigoni

Sinceramente non avrei mai pensato che sarebbe finita così: Vittorio Arrigoni è stato rapito da un gruppo salafita palestinese e assassinato brutalmente poche ore dopo. Solo qualche ora prima ci stavo combattendo virtualmente sul web a suon di post su Facebook: niente avrebbe potuto far presagire un finale così tragico.

Arrigoni solo qualche giorno fa era un quasi sconosciuto, con una sua nutrita schiera di fans ma lontano dai riflettori dei media. Oggi domina le cronache nazionali e anche internazionali. Anche io, insieme ad altri amici, lo conoscevo (non direttamente) e mi ci confrontavo su internet (a distanza, dato che la sua pagina era chiusa a chi la pensava diversamente da lui). Oggi tutto questo è già passato.

Per quanto avessi potuto criticarlo, per quanto ancora oggi possa confermare in toto tutte le critiche che gli muovevo insieme ai miei compagni di viaggio di “Sionismo: informazione e controinformazione”, mi dispiace profondamente per lui e faccio le condoglianze ai suoi familiari e a chi lo amava.

Eh sì, anche a chi dopo la sua uccisione ha continuato e continua a sparare a zero contro Israele. Quasi come a voler rimuovere dalla memoria della gente che la sua morte non è stata provocata dallo Stato ebraico ma da una cellula terroristica della stessa gente che Vittorio difendeva in vita. A volte non basta l’esperienza per modificare un’idea profondamente radicata: chissà se Vittorio durante il rapimento avrà ripensato minimamente alla “propaganda sionista” contro il fondamentalismo islamico; chissà se la considerava ancora “propaganda”…

Il video di rivendicazione del rapimento remixato dopo la sua morte (per sottolineare le scuse da parte del popolo palestinese)

Ma per quanto una persona possa avere delle idee sbagliate o non condivisibili, niente di tutto ciò può prevalere di fronte a degli eventi così tragici. Nessuno può meritare tutto ciò solo per delle idee, per quanto errate possano essere.

E allora, che la terra ti sia lieve Vittorio.

I funerali di Arrigoni a Gaza

Arafat: un bilancio politico

arafat

di Giovanni De Sio Cesari
(articolo scritto poco dopo la morte di Arafat)


Punto di vista e parametri di giudizio
La morte di Arafat è stata seguita da tutto il mondo con generale partecipazione umana per la fine di un uomo che nel bene e nel male aveva per tanto tempo rappresentato tutto un popolo. Come ben raramente è avvenuto nella storia tutto il mondo finiva con l’identificare l’intero popolo palestinese nella sua persona.

La sua vita si è spenta in una asettica clinica straniera: qualche gruppo ebraico mostrava un indecoroso spettacolo di giubilo ma tutto il suo popolo lo ha pianto sinceramente: una folla immensa si è impadronita del suo corpo e come nelle antiche usanze della sua gente, è stato seppellito fra le grida e gli spari come si addice a un eroe, a un grande capo. Per tanti anni è stato uno dei primi attori della scena internazionale (da più tempo di tutti, escluso Castro) ed ora non si sa chi prenderà il suo posto ma si sa pure che nessuno, qualunque sia il successore, riuscirà ad avere il suo carisma e il suo ruolo.

Il divieto di macellazione rituale e la libertà religiose delle minoranze

Breve recensione del libro di Lerner P. – Rabello A. M. ”Quaderni del Dipartimento N. 88, 2010″ , Università di Trento; Dipartimento Scienze Giuridiche

Da veterinario quale sono mi ha affascinato in modo particolare un libro, anzi un manuale, stampato a Livorno nel 1832, ed intitolato “Zivchè cohen”, scritto da Isach Coen. Si tratta di un manuale per “shochatìm” (macellatori rituali), corredato di tavole anatomiche di rara bellezza e precisione per l’epoca e per gli scopi prefissati, ovvero “istruire” un macellatore!

“Sul Sionismo”, Martin Luther King

Martin Luther King

“Pace per Israele significa sicurezza, e dobbiamo con tutti i nostri mezzi proteggere il suo diritto a esistere. Israele è uno degli importanti avamposti della democrazia nel mondo, è un meraviglioso esempio di come una terra arida può essere trasformata in un’oasi di fratellanza e democrazia. Pace per Israele significa sicurezza, e la sicurezza deve essere reale.”

“Il popolo negro, amici miei, sa bene che cosa vuol dire soffrire il tormento della tirannia sotto un tiranno che non ci siamo scelti. I nostri fratelli in Africa hanno mendicato, implorato, supplicato, chiedendo che venisse riconosciuto ed attuato il nostro congenito diritto a vivere in pace sotto la nostra sovranità e nel nostro paese.”

“Come dovrebbe essere facile, per chiunque abbia a cuore questo inalienabile diritto umano, comprendere e sostenere il diritto del popolo ebraico a vivere nell’antica terra d’Israele. Gli uomini di buona volontà esultano nel vedere la promessa di Dio realizzata, nel vedere il suo popolo che torna gioiosamente a ricostruire la sua terra devastata. Questo è il Sionismo, niente di più e niente di meno.”

“Cos'è invece l'anti-sionismo? E’ il negare al popolo ebraico quel diritto fondamentale che giustamente oggi riconosciamo ai popoli dell'Africa e che siamo pronti a concedere a tutte le altre nazioni del mondo. Si tratta, amici miei, di discriminazione contro gli ebrei, a causa della loro ebraicità. Si tratta cioè di antisemitismo.”

L’antisemita gode di ogni opportunità che gli consente di esprimere il suo pregiudizio. Al giorno d'oggi però, in Occidente, proclamare che si odiano gli ebrei è diventato molto impopolare. Di conseguenza, l’antisemita deve costantemente inventare nuove forme e nuove sedi per il suo veleno. Deve camuffarsi. E allora non dice più di odiare gli Ebrei, ma solo di "essere anti-Sionista.”

“Cari amici, non vi accuso di essere deliberatamente antisemiti. So che, al pari di me, siete contrari al razzismo, al pregiudizio e alla discriminazione. So però anche che siete stati sviati - al pari di altri - dall'idea che è possibile essere “antisionisti” pur rimanendo fedeli ai principi che assieme condividiamo. Spero che le mie parole vi riecheggino nell’anima: quando la gente critica il Sionismo vuole dire che ce l’ha con gli ebrei; non facciamoci ingannare.”


(Da M.L. King Jr., "Lettera a un amico antisionista" Saturday Review, n. XLVII, agosto 1967, p. 76. Ristampata in M.L. King Jr., "This I Believe: Selections from the Writings of Dr. Martin Luther King Jr.", New York, 1971, pp. 234-235.) - Tratto da qui.


Letture consigliate:
Antisionismo e antisemitismo: la sottile linea rossa
Herzl e la "National Home" ebraica: il Sionismo
"Der Judenstaat": lo Stato ebraico
Estratto dal diario di Theodor Herzl: il primo Congresso Sionista
Il Programma di Basilea