Volantini “pacifisti” distribuiti a Torino contro Israele

Questo è uno dei volantini propagandistici che sono stati distribuiti per le strade di Torino da pacifisti pro-palestinesi. Leggiamolo insieme.

volantino pacifista

Andiamo ad analizzare punto per punto quanto scritto.

“Uccidi, ruba e menti”: questi comandamenti sono stati messi in atto in occasione della strage (almeno 9 morti) e del sequestro di centinaia di persone e migliaia di tonnellate di aiuti compiuti dall’esercito dello stato sionista d’Israele nella notte tra il 30 e il 31 maggio, in acque internazionali, ai danni della Freedom Flotilla, diretta verso la Striscia di Gaza.
Sin da subito si può notare come l’autore del testo abbia sottilmente voluto dare una lettura religiosa alla vicenda, alludendo ai dieci comandamenti: come se la religione ebraica prevedesse le regole di “uccidere”, “rubare” e “mentire”. Il testo del volantino infatti non dice che “i comandamenti sono stati violati” ma che “sono stati messi in atto”, intendendo dire di fatto che gli ebrei per religione debbano uccidere, rubare e mentire. Una religione di criminali dunque. Può sembrare un dettaglio insignificante, eppure il motivo per una simile chiave di lettura sembra chiaro: affermare che uno Stato basato sull’ebraismo non può che essere uno Stato guerrafondaio. Come inizio direi proprio che non c’è male.
In realtà la vicenda ovviamente con la religione non c’entra proprio niente, dato che i fatti sono ben altri: c’è la Striscia di Gaza, un territorio in cui Hamas, un’organizzazione islamista riconosciuta come terroristica dalla comunità internazionale, è al governo grazie ad un colpo di Stato; questa non riconosce il diritto all’esistenza dello Stato d’Israele, per il quale dunque - anche a seguito di numerosi atti terroristici di vario genere messi in pratica o tentati contro la sua popolazione civile - costituisce una seria minaccia alla sicurezza. Per prevenire il traffico illegale di armi verso la Striscia di Gaza, le autorità israeliane hanno imposto su di essa una serie di misure precauzionali, tra le quali un blocco del traffico marittimo, volto alla perquisizione del carico delle imbarcazioni dirette verso la zona. Le vicende della Freedom Flotilla sono avvenute semplicemente perché la marina israeliana stava mettendo in pratica tale blocco navale nei confronti delle navi turche, dirette a Gaza proprio con l’intento esplicito di violarlo. Nulla di religioso in tutto ciò dunque, come ovvio. Se poi l’operazione si è conclusa tragicamente quello è un altro discorso che merita un approfondimento a parte, anche per quanto riguarda i reali scopi della missione, volti più alla provocazione che non alla consegna di aiuti umanitari (tra cui erano presenti anche farmaci scaduti, giusto per sottolineare l’utilità dei sussidi che si desiderava consegnare alla popolazione).

Ancora una volta è venuto alla luce il carattere sanguinario di questo regime razzista e coloniale.
Di quale regime si parla se l’attuale governo è stato eletto democraticamente dal popolo? Se è un governo eletto solo da tempo relativamente breve? Ma allora Hamas che sta al potere dopo un colpo di Stato cosa è? Peccato che per questo genere di pacifisti qualsiasi governo israeliano sia un regime: ovvio, non sono i governi che loro contestano, bensì la stessa natura dello Stato d’Israele, indipendentemente da chi lo rappresenta.
Definendolo peraltro, in questo caso, come “razzista” e “coloniale”: nonostante in realtà di razzista non abbia proprio nulla (dato che nel suo ordinamento non esiste niente di tutto ciò e se anche nella fattispecie ci sono delle disuguaglianze sociali tra etnìe, queste non si discostano molto da quelle presenti anche nelle società della maggior parte dei paesi europei, come l’Italia). Parlare di regime “coloniale” poi è ancora più fuorviante considerando i trattati di pace firmati con la Giordania e soprattutto con l’Egitto (che hanno comportato la restituzione di territori ricchissimi come la penisola del Sinai); considerando anche la tentata restituzione della Striscia di Gaza all’Egitto (rifiutata proprio dallo Stato arabo). Se gli obiettivi israeliani fossero stati l’espansione coloniale non ci sarebbe stato nulla di tutto ciò; invece è evidente che i vari governi che si sono succeduti negli anni siano da sempre stati disposti a concedere molto in cambio di una pace autentica. Tutti dettagli di cui i signori che hanno diffuso questo volantino deliberatamente non tengono conto.

La strage sulla Freedom Flotilla ha suscitato una nuova ondata di indignazione in tutto il mondo: come già in occasione dell’operazione militare “Piombo Fuso” dello scorso anno, costata la vita ad almeno 1500 palestinesi, in tutto il mondo ci sono state iniziative di protesta, e una nuova consistente parte dell’opinione pubblica ha preso coscienza della situazione drammatica esistente a Gaza e della necessità di sconfiggere la politica di apartheid portata avanti da Israele da 62 anni.
Un’ondata di indignazione deliberatamente cercata dai promotori dell’operazione, come dimostra il reportage andato in onda sulla TV pubblica tedesca qualche giorno dopo i fatti della Flotilla. Peccato che simili “ondate di indignazione” avvengano solo nei confronti dello Stato di Israele quando invece il mondo purtroppo è pieno di atti sanguinosi. Ignorando tutto il resto e contestando sempre e solo Israele i pacifisti perdono qualsiasi credibilità.
Accostare l’apartheid allo Stato ebraico poi è quanto mai senza senso considerando il significato del termine e la situazione effettiva che si vive a Gaza, così come in Cisgiordania e nello stesso Stato ebraico. Il termine in realtà viene usato più con lo scopo di creare una sorta di sgomento in chi lo legge che di descrivere la realtà dei fatti. Non è nemmeno l’unico termine improprio usato contro la politica israeliana di prevenzione del terrorismo: spesso si è andati oltre, parlando di “pulizia etnica” e addirittura di “olocausto palestinese”: un accostamento alla Shoah, subìta proprio dagli ebrei, che è quanto di più disgustoso si possa affermare. Anche perché il paragone è completamente infondato.
Alla luce di tutto ciò, se veramente “una nuova consistente parte dell’opinione pubblica” ha preso queste posizioni anti-israeliane, dipenderà forse dalle notizie e dai fatti che troppo spesso non sono riportati in maniera corretta e completa dai mass-media? Sembra proprio di sì. Alla faccia di chi dice che l’informazione penalizza i palestinesi.

Nuovi convogli navali diretti a Gaza sono in allestimento (nel mese di luglio dovrebbe partire una “Freedom Flotilla 2”), mentre proprio in questi giorni anche un’organizzazione ebraica ha annunciato la partenza di una nave di aiuti diretta a rompere l’assedio alla Striscia: un’altra (e assai concreta) delle numerose prese di posizione contro la politica sionista portate avanti dagli stessi ebrei.
Il fatto che siano ebrei non aggiunge o toglie nulla: sempre di attivisti pro-palestinesi si tratta, indipendentemente dalla loro fede religiosa. Non è certo una cosa fuori dal mondo avere una opinione differente, anzi ben venga. Di solito gli ebrei “antisionisti” o sono “pacifisti” o sono ortodossi che interpretano alla lettera l’auspicio ebraico dell’avvento del Messia come il giorno in cui Gerusalemme (e dunque Israele) sarà rifondata. Che di conseguenza, stando a questa loro interpretazione dei testi sacri (non condivisa da tutti gli ebrei esattamente in questo modo), non accettano l’esistenza di uno Stato ebraico prima dell’avvento del Messia. Questo genere di ortodossi in realtà sono una minoranza in Israele, anche se non trascurabile (rappresentano il 10% della popolazione): sono gli stessi che hanno protestato qualche giorno fa contro la decisione della corte suprema israeliana (un organismo tra i più laici del paese, insieme alla Knesset) per la sentenza che dichiarava illegale la divisione tra studentesse ashkenazite e sefardite di una scuola pubblica.
Curioso che i cosiddetti “pacifisti” siano dalla parte di gente così integralista ed intransigente; così come stanno dalla parte di Hamas, una organizzazione terroristica islamista e fondamentalista, e anche su posizioni molto simili quelle dell’estrema destra. D’altronde, anche con diverse ideologie e diversi obiettivi finali basta trovare un minimo comun denominatore: ed essere contrari all’esistenza dello Stato ebraico sembra essere proprio la caratteristica comune.

In questo contesto non si può non notare che da parte della comunità ebraica di Torino, che ha sede nel quartiere di S. Salvario, non si è avuta una sola parola di solidarietà con le vittime della strage sulla Freedom Flotilla, e questo è un fatto grave. Anzi a quanto pare esponenti tra i più squallidi della lobby sionista nostrana, nel vano tentativo di salvare la faccia che hanno già perso, si stanno prodigando in attività “artistiche” tese a giustificare l’operato dei soldati israeliani e a raccontare la favola dello stato ebraico democratico.
Ma una parola di solidarietà per i soldati feriti, a cui è stata tesa un’imboscata, i promotori del volantino l’hanno spesa? Ovviamente no! Il fatto che non ci siano state vittime tra loro non significa niente. Ma nessuno avrebbe mai potuto realisticamente pretendere una cosa simile da persone in grado solo di ridisegnare la realtà secondo le loro esigenze. Dovrebbero dunque i rappresentanti della comunità ebraica di Torino (definiti “esponenti tra i più squallidi della lobby sionista nostrana”) esprimere solidarietà per la gente ripresa in questi video?

I soldati avvisano l'equipaggio della Mavi Marmara che non possono entrare a Gaza: questi rispondono: "Zitti, tornatevene ad Auschwitz" (Fonte: IDF)

I "pacifisti" della Flotilla si preparano ad "accogliere" i soldati israeliani a bordo della Mavi Marmara con catene, bottiglie rotte e oggetti metallici (Fonte: IDF)

L'accoglienza riservata ai soldati israeliani sulla Mavi Marmara (Fonte: IDF)

Troppo comodo parlare di “propaganda” israeliana guardando questi video, solo perché compromettenti per i promotori di questa missione di “pace”. Anche perché, almeno per adesso, nessuno ne ha contestato la veridicità, mentre ad essere state sbugiardate sono delle foto taroccate dalla Reuters con l’intento evidente di celare le colpe dell’equipaggio della Mavi Marmara.
Ma a quale manifestazione artistica alludono gli autori del volantino? Sicuramente alla mostra d’arte intitolata “Pacifisti?” che si terrà fino al 30 giugno 2010 presso la galleria d’arte Midbar.

Si ribadisce a tutti l’invito a esercitare il boicottaggio di tutto ciò che è israeliano, prodotti in vendita in supermercati e negozi, film, eventi culturali e politici etc., in linea con la campagna internazionale ormai in atto da anni e che ottiene sempre più riscontri.
La pratica del boicottaggio come ha aiutato a sconfiggere l’apartheid in Sudafrica, così potrà contribuire alla sconfitta del sanguinario regime israeliano e alla costruzione in Palestina di un unico paese democratico, nel quale arabi ed ebrei abbiano uguali diritti.
Siamo sicuri che la “costruzione in Palestina di un unico paese democratico, nel quale arabi ed ebrei abbiano uguali diritti” sia un esito auspicato anche da Hamas, di cui questi “pacifisti” sono sostenitori? Forse non hanno capito che un paese democratico che assicura pari diritti per ebrei ed arabi in Medioriente di fatto già esiste e si chiama Israele? Siamo sicuri che la fondazione di uno Stato unico binazionale sia il volere della popolazione, israeliana o palestinese che sia? Forse bisognerebbe sentire il loro parere prima di prendere decisioni unilaterali sul loro paese.
Ammettendo per assurdo che si possa pretendere un simile stravolgimento geopolitico nella regione senza una guerra (alla faccia del pacifismo!), siamo sicuri che forzare una pace con la fondazione di un simile Stato unico rappresenti il volere della popolazione locale? Non sarebbe forse meglio creare due Stati per due popoli, entrambi democratici e riconosciuti vicendevolmente?
Prima di concludere e di lasciare i pacifisti con i loro ideali da strapazzo invito tutti coloro che boicottano Israele a guardare questo video: giusto per finire con quattro risate (a seconda dei gusti personali ovviamente)!

Cosa accade boicottando i prodotti israeliani